\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 Gli ultimi anni della signoria di Lorenzo il Magnifico coincisero con lÆaggravarsi della crisi interna nei vari stati della peni
sola e con lÆaffermazione di un controllo politico da parte delle nascenti monarchie europee, che ineluttabilmente dovevano sentirsi attratte da quella che esse consideravano una vasta zona di vuoto. Fu il giovane re di Francia Carlo VIII, erede dei diri
tti che la casa dÆAngi≥ aveva continuato a vantare su Napoli anche dopo lÆinsediamento degli Aragonesi, a dare inizio a tale espansione nella penisola italiana, ove i suoi parenti, gli OrlΘans, giα possedevano la contea di Asti. A invocare Carlo VIII era
no Ludovico il Moro, reggente dello stato di Milano per il nipote Gian Galeazzo ma desideroso di cingere la corona ducale in proprio; una frazione di cardinali, con a capo Giuliano Della Rovere, i quali volevano sbarazzarsi del dispotico e simoniaco Ales
sandro VI; molti dei potenti baroni napoletani, che, come il principe di Salerno, erano stati costretti a prendere la via dellÆesilio per la spietata repressione della fallita congiura dei Baroni da parte di Ferdinando I.\par
Se non proprio favorevole,
certo non era ostile a una spedizione francese anche il pi∙ forte stato italiano del tempo, la Repubblica di Venezia, la quale temeva la concorrenza commerciale dei porti della Puglia aragonese. Grazie a tale felice congiuntura, Carlo VIII, sotto lo stim
olo anche di motivi in parte ideali (servirsi dellÆItalia come di un trampolino di lancio per una crociata contro i Turchi), in parte di natura pi∙ realistica (la spinta della piccola nobiltα francese, i cosiddetti cavalieri, a una spedizione in un paese
che si presentava tanto dovizioso di bottino quanto militarmente debole), modific≥ radicalmente la politica della Francia, da decenni ormai impegnata verso le terre borgognone e asburgiche della frontiera orientale: con i trattati di Barcellona e di Sen
lis, rispettivamente del gennaio e del maggio 1493, in cambio di concessioni territoriali al confine catalano, in Artois e in Franca Contea, ottenne il favore del re dÆAragona Ferdinando il Cattolico e dellÆimperatore Massimiliano I alla progettata impre
sa in Italia. Avviatosi nel settembre 1494 per il Monginevro, Carlo VIII non incontr≥ alcuna seria resistenza nella sua marcia attraverso la penisola italiana: era alleato dei Savoia, custodi delle Alpi, e lo aiutava la flotta genovese, mentre quella ven
eziana, a causa della neutralitα di quella repubblica, era tenuta in unÆinerte passivitα.\par
Dopo una fastosa accoglienza a Pavia riservatagli da Ludovico il Moro, che appena pochi giorni dopo fu liberato dallÆincomoda presenza del duca Gian Galeazzo m
orto di tisi, il re di Francia prese la strada della Toscana, saccheggiando il territorio e facendo strage tra la popolazione. Spaventato, il signore di Firenze Piero deÆ Medici si affrett≥ ad abbandonare lÆalleanza napoletana e capitol≥ (31 ottobre), co
ncedendo a Carlo VIII, con successivi patti, la rilevante somma di duecentomila fiorini dÆoro e, sino alla fine della guerra, le fortezze di Sarzana, Pietrasanta, Pisa e Livorno. Fu questo un duro colpo per i Fiorentini, nel cui animo il regime mediceo e
ra da tempo sotto le critiche dellÆinfiammata eloquenza di Girolamo Savonarola: il 9 novembre essi cacciarono Piero, costringendolo a riparare a Venezia; il giorno prima Pisa aveva proclamato la propria indipendenza da Firenze e dato cos∞ il via a moltep
lici rivolte di cittα toscane contro la cittα dominante. Firenze, alla fuga di Piero, si era costituita in una repubblica tendenzialmente oligarchica, anche se il consiglio maggiore era aperto a tutti i cittadini; gli organi effettivi di governo, infatti
, erano costituiti dalla bal∞a e dal consiglio degli Ottanta, di estrazione sociale pi∙ ristretta, e fu con questi organi che, al suo ingresso in Firenze (17 novembre), dovette trattare Carlo VIII. Soddisfatto della fedeltα di Pisa che gli assicurava il
controllo su una parte della Toscana, non volendo impegnarsi a fondo nel vespaio toscano, egli prefer∞ mitigare le sue pretese finanziarie e proseguire la marcia verso il sud, mentre Alessandro VI si rifugiava in Castel S. Angelo.\par
Ma a Roma una paci
fica intesa fu rapidamente realizzata tra il pontefice e Carlo VIII: Alessandro VI fu largo di concessioni politico-ecclesiastiche e il re potΘ, senza colpo ferire, proseguire la sua avanzata alla volta di Napoli (28 gennaio 1495). Qui, prima ancora che
Carlo VIII si muovesse dalla Francia, era morto il re Ferdinando I, cui era successo il figlio Alfonso II, ancora pi∙ del padre inviso ai baroni; pertanto, comprendendo che la partita era troppo impari, Alfonso aveva abdicato il 23 gennaio 1495 in favore
del figlio Ferdinando II, detto Ferrandino, che godeva di una certa popolaritα. Ma il nuovo sovrano ben poco poteva fare: i baroni lo abbandonavano, nulla aveva egli da opporre alla formidabile artiglieria francese e ben presto si aggiunse la capitolazi
one, a Capua, delle forze comandate da Gian Giacomo Trivulzio, generale milanese al servizio del re di Napoli. Il 22 febbraio 1495, mentre Ferrandino riparava con la famiglia nellÆisola dÆIschia, Carlo VIII entrava trionfalmente a Napoli e subito, senza
necessitα dÆimporla con le armi, estese la propria autoritα su tutto il regno.\par
Nella fin troppo facile vittoria del re di Francia si era rivelata in piena luce la debolezza militare degli stati italiani: alcuni dei principi di questi stati ebbero pe
r≥ consapevolezza di questo limite e avvertirono i pericoli insiti nel dominio francese. Ludovico il Moro, divenuto duca di Milano, temeva, per es., che alla rivendicazione dellÆereditα angioina si aggiungesse quella viscontea per conto degli OrlΘans, e
Venezia ben comprendeva come nessun vantaggio le fosse venuto alla sostituzione nei porti pugliesi del dominio francese a quello della dinastia cadetta aragonese; lÆuno e lÆaltra si fecero cos∞ promotori di una lega antifrancese alla quale si associ≥ anc
he il papa Alessandro VI e che fu stipulata formalmente il 31 marzo 1495. Sfruttando lÆargomento del pericolo insito nellÆeccessivo estendersi della potenza francese, la lega riusc∞ a ottenere lÆappoggio del re dÆAragona Ferdinando il Cattolico, dellÆimp
eratore Massimiliano e pi∙ tardi anche del re dÆInghilterra Enrico VII. Colto di sorpresa dal capovolgimento della situazione diplomatica, Carlo VIII ritenne prudente lasciare a Napoli un piccolo contingente delle sue truppe e ritirarsi con il grosso del
lÆesercito (20 maggio 1495) per dar battaglia alle truppe della lega, poste sotto il comando del duca di Mantova Francesco II Gonzaga. Lo scontro avvenne a Fornovo (6 luglio) e, pur non potendosi considerare una vera e propria sconfitta per Carlo VIII, t
uttavia convinse il re di Francia, apertosi un varco tra le file nemiche e giunto a Piacenza, ad abbandonare lÆimpresa e a riprendere la strada dÆoltralpe; il giorno dopo le truppe di Ferdinando il Cattolico, al comando del gran capitano Gonzalo Fernßnde
z de C≤rdoba, riportarono a Napoli il re Ferdinando II. LÆavventura di Carlo VIII era finita, anche se la guarnigione francese lasciata a Napoli agli ordini del conte Gilberto de Montpensier continu≥ a guerreggiare nelle provincie (vittoria di Seminara n
el giugno 1495) e depose completamente le armi solo nel febbraio 1497. Di questa prosecuzione della guerra nel Meridione i veri beneficiari furono soltanto il re dÆAragona, che occup≥ stabilmente alcune piazzeforti, e Venezia, che sÆimpadron∞ dei porti p
ugliesi di Monopoli, Otranto, Brindisi, Gallipoli e Trani.\par
Solo in Toscana non si ritorn≥ allo \i status quo\i0 . Genova e Lucca avevano comprato da Carlo VIII, che le aveva ricevute da Piero deÆ Medici a titolo per≥ soltanto temporaneo, rispettivam
ente Sarzana e Pietrasanta e ora si guardavano bene dal restituirle a Firenze; Pisa, aiutata da Venezia e da Lucca, persisteva nella ribellione alla cittα dominante e la guerra che questa sarα costretta a intraprendere per ridurla a obbedienza durerα sin
